Impossibile dimenticare Mike Tyson, campione dei pesi massimi, oltre ai colpi che assestava, faceva paura solo a guardarlo. Uomo dal passato difficile, oggi ha trovato qualcuno che lo ha “suonato” per davvero.
Michael Gerald Tyson è stato uno dei pugili più forti della sua epoca, un vero picchiatore. Molti sono gli appellativi che gli sono stati dati nel corso della sua carriera, il più famoso è “Iron Mike” (Mike di ferro), ma un altro, non meno temibile è “The Baddest Man on the Planet” (l’uomo più cattivo del pianeta). Basta questo a far riflettere circa la potenza del pugile.
Mike nasce a New York, per la precisione a Brooklyn. Sua madre, insegnante, si separa presto dal marito e stringe una relazione con Jimmy Kirkpatrick, l’uomo che Mike ha sempre considerato come un padre. Ma anche Kirkpatrick lascia la famiglia e la mamma, ormai dedita all’alcool, si trasferisce con tutta la famiglia, Mike e altri due figli, in un quartiere estremamente pericoloso della Grande Mela. La sua carriera di boxeur comincia da piccolo. Il primo scontro lo ha quando, a dieci anni, stende a pugni un ragazzo, reo di avergli ucciso un colombo, di cui Tyson è appassionato. L’infanzia e l’adolescenza del giovane Mike è segnata dal crimine; risse, combattimenti clandestini, furti, a cui si sommano anche le molestie sessuali di cui è stato vittima da bambino. Entra ed esce dal riformatorio e durante uno di questi “soggiorni”, conosce Mohammed Ali che era andato a visitare l’istituto di rieducazione. Come nella maggior parte delle storie di pugili, anche romanzate, è proprio lì che Tyson trova il suo pigmalione, Cus D’Amato, che lo indirizza verso la pratica consapevole della boxe. Nel 1985 debutta come professionista e in quell’anno arriva a collezionare 27 vittorie.
Il suo primo titolo di campione dei pesi massimi lo ottiene che non ha ancora compiuto 21 anni. Nel 1987 unifica la corona dei massimi. Nel frattempo, è entrato nella sua vita come manager Don King, personaggio controverso che molti additano come causa prima del declino del campione. Accusato di stupro, Mike finisce in carcere e, una volta uscito, torna a combattere commettendo atti decisamente biasimevoli. Uno fra tutti, l’aver morso a sangue l’orecchio del suo avversario Holyfield durante un incontro. Ritiri della licenza, dispute giudiziarie e risse, così è cominciata la parabola discendente di Tyson.
Oggi, dopo alterne vicende conduce un podcast. Molto attivo anche sui social, si produce in performance non troppo comprensibili, come questa. Forse voleva interpretare una famosa massima di Mohammed Ali, “Move like a butterfly sting like a bee”, ma sembra soltanto un po’ “suonato”.
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