La casa nella prateria resta nella storia della televisione come la serie più perfetta mai realizzata. Non a caso continua ad andare in onda, spinta da un pubblico di appassionati che si rinnova generazione dopo generazione.
C’è una ragione se “La casa nella prateria” è considerato il serial televisivo più perfetto mai realizzato. Ed è proprio in questa perfezione quasi ossessiva che si nasconde il segreto di un successo che dopo quasi cinquant’anni non accenna a smorzarsi.
Il pubblico della casa nella prateria la ama e continua a seguirla replica dopo replica come se fosse sempre la prima volta. Potrebbe esserci una conferma migliore della genialità di Michael Landon? Come altro si può spiegare, se non con un meccanismo produttivo e spettacolare che non ha mai lasciato spazio all’approssimazione, un successo tanto duraturo?
Landon ha dato tutto alla serie che è il suo immortale lascito storico. Ha dato tutto il suo tempo, tutta la sua passione, tutta la sua intelligenza, tutto il suo impegno. Non era un uomo facile, e lo stesso impegno pretendeva da chi, insieme a lui, costruiva puntata dopo puntata l’epopea di una serie che non avrebbe mai più smesso di appassionare il pubblico.
Landon dava tutto, e tutto voleva dai suoi collaboratori, direttori della fotografia, macchinisti, elettricisti, decoratori, scenografi. E soprattutto dai suoi attori. La sua non era una serie improvvisata alla meno peggio in uno studio. Ogni puntata richiedeva organizzazione, trasferimenti, riprese in esterni. Ogni puntata aveva il compito di risolvere l’incertezza che si annida in qualunque produzione cinematografica/televisiva, creando un prodotto assolutamente superiore, perfetto, commovente, vero.
Chi lavora organizzando esseri umani sa quanto sia difficile ottenere questa perfezione da adulti, preparati e “studiati”. Immaginiamoci quali difficoltà possa incontrare chi pretende lo stesso lavorando con dei bambini.
Landon i bambini li amava, ma come regista li conosceva bene. Ne conosceva l’espressività fantastica ma anche i capricci, la facilità di stancarsi, i pianti, i rifiuti irragionevoli. Una serie centrata sulla famiglia, in cui la piccola Carrie giocava un ruolo primario, non poteva rischiare il fallimento per il sonno o i capricci di una bambina. Landon non poteva rischiare di doversi accontentare perché una bimba aveva deciso di dire “basta”. Nacque così quella che resta, forse, come l’idea più geniale di tutta la serie.
Per il ruolo di Carrie, Michael Landon decise di usare non una, ma due bambine. Perfettamente identiche, gemelle. Le sorelline Lindsay e Sidney Greenbush. Due splendide bambine, capaci di darsi il cambio sul set, senza che il pubblico avesse il minimo sentore che la bambina era cambiata tra una scena e l’altro.
Puro genio. Puro Landon. Come le scelse? Come arrivarono proprio le sorelline Greenbush a essere selezionate per il ruolo di Carrie? Sarà il tema di uno dei prossimi articoli di newstv.it. Stay connected…
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