L’uso della cannabis prolungato altera la chimica del cervello e aumenta il rischio di disordini psichiatrici. L’allarme degli studiosi.
L’uso della cannabis è molto diffuso nelle giovani generazioni. Tuttavia, nonostante i benefici di questa pianta, alcuni esperti hanno voluto ricordare i rischi che comporta un uso prolungato della cannabis.
In un approfondimento, il Dailymail ha riportato l’intervento del dottor Yasmin Hurd, considerato uno dei migliori neuroscienziati del Mount Sinai a New York. Secondo questo studioso, oggigiorno, vengono sottovalutati i potenziali effetti a lungo termine di questa droga, usata anche come farmaco.
“Se fosse benigno, nessuno lo userebbe”, chiosa il neurologo. La cannabis è una sostanza che interferisce con il cervello alternandone alcuni recettori. Si tratta di un’alterazione che diventa permanente e che a lungo termine provocherebbe dei danni alle persone.
Secondo quanto ha ricordato da Yasmin Hurd in un convegno sulle neuroscienze promosso ad Harvard, circa il 30% delle persone che fanno uso del farmaco a base di cannabis riporta problemi psichiatrici di vario tipo.
L’uso della cannabis come farmaco nella terapia del dolore si è molto diffuso negli ultimi anni.
Sostanze chimiche che provocano alterazione
“La cannabis contiene oltre 500 sostanze chimiche, inclusi circa 140 cannabinoidi che hanno un grado maggiore o minore di attività psico-farmacologica”. Spiega il neurologo.
Tra queste, il tetraidrocannabinolo o THC , interagisce con gli endocannabinoidi nel cervello, ricettori responsabili della determinazione del modo in cui le cellule del cervello interagiscono tra loro. Il THC di conseguenza altera questi ricettori e in modo permanente. Uno degli elementi sui quali si dividono i ricercatori è se i problemi psichiatrici emergono con l’uso della cannabis o se determinati individuati sono predisposti a questi problemi.
Infine, tra gli altri rischi evidenziati dal neurologo è l’uso di questa sostanza da parte delle donne in gravidanza che potrebbe danneggiare lo sviluppo del cervello del feto.
“La programmazione placentare è essenziale per lo sviluppo neurologico e le alterazioni che sono legate ai rischi psichiatrici”, ha concluso Hurd.
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