Bruce Lee è molto più di un leggendario interprete delle arti marziali. E’ stato il creatore di un’approccio alle arti marziali nuovo, rivoluzionario. Ma un giorno sulla sua strada trovò Chuck Norris…
Il più grande errore che si potrebbe fare pensando a Bruce Lee è scambiarlo per un attore, un uomo che “recita” le arti marziali. Bruce Lee era le arti marziali.
Non le studiava, non le interpretava sul set. Le viveva, le creava. La sua eredità è ancora oggi una inesauribile fonte di ispirazione e studio in una vastissima gamma di discipline marziali, di combattimento. O semplicemente tra chi studia il modo più diretto ed efficace di affrontare un’aggressione e vincerla.
Bruce Lee veniva dalla scuola del maestro Yip Man ma elaborò nel corso della sua vita una sua personalissima e unica arte marziale, sintesi di tutte quelle esistenti. Una disciplina il cui scopo non era la coreografia ma l’efficacia letale con il minimo di movimento e di sforzo.
“Voglio uccidere il campione”
Bruce Lee prese le arti marziali classiche e le affrontò come un nemico di strada: ne studiò caratteristiche e punti deboli e le affrontò, forte di tutte le sue conoscenze in ogni possibile e immaginabile forma di combattimento e di una disciplina feroce di automiglioramento fisico. Il suo scopo era vincere, sempre. E Bruce Lee lo fece rivoluzionando in modo stupefacente tutto quello che esisteva, attaccandolo con il suo concetto di “anticipo”.
Verso la fine della sua vita, nel 1972, Lee individuò un avversario che rappresentava tutto quello che stava sforzandosi di superare e di battere. Era il campione americano di karate, già allora una leggenda, che dal confronto con Lee si sarebbe fatta ancora più luminosa.
Quell’uomo, quel campione imbattibile era Chuck Norris e per sfidarlo, Lee mise in piedi un intero film: “L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente”. Un film che doveva rappresentare lo scontro definitivo tra la disciplina di Lee e il mondo conosciuto; tra la purezza del suo nuovo minimalismo di combattimento e la scuola codificata e implacabile del karate, di cui Chuck Norris era l’indiscusso campione nel mondo occidentale.
Chuck Norris, ricevuto il guanto di sfida, chiese a Lee se lo aveva scelto perché aveva deciso di affrontare il campione. Bruce Lee rispose: “no, voglio ucciderlo”.
La scena centrale del film, il più caro a Bruce Lee e il più importante nelle sua eredità, fu il combattimento tra i due. E la leggenda vuole che i due abbiano combattuto veramente, senza simulare i contatti.
Lo scontro durò quarantacinque ore nella realtà, un tempo immemorabille, una preparazione infinita. Solo gli appunti per la scena centrale del film occupavano un quarto dell’intera sceneggiatura.
L’urlo di Chen fu girato senza audio, per non disturbare la concentrazione degli interpreti combattenti. Bruce Lee stesso si incaricò della sua colonna sonora, suonando anche le percussioni che drammatizzano le scene e i combattimenti.
Lo scontro fu inesorabile ed epocale. Uno scontro di uomini e di civiltà. La storia del cinema successiva ha dimostrato che lo vinsero tutti e due, ognuno a suo modo.