Nel 1995, erano entrambi militari. Le forze armate italiane dovettero affrontare una disfatta imprevista. Entrambi rimasero feriti e non l’hanno più dimenticato.
Le nostre Forze Armate hanno scritto nel corso della loro storia pagine gloriose che ci riempiono ancora di orgoglio. Sofferenza, sacrificio, mezzi talvolta al di sotto del necessario non hanno oscurato il valore dei nostri soldati.
Ma non sempre è andata così. Purtroppo ci sono anche episodi che tutti vorremmo essere in grado di dimenticare: disfatte clamorose in cui oltre alla sfortuna hanno giocato la loro parte anche errori tattici, mancanza di disciplina. E un senso di scoramento umanamente comprensibile ma militarmente catastrofico.
La più grande sconfitta mai subita dall’esercito italiano.
C’è una parola che è entrata nel linguaggio comune a simboleggiare la disfatta: Caporetto. All’alba del 24 ottobre 1917 cominciava una giornata che sarebbe per sempre stata ricordata come la pagina più nera della storia militare italiana.
Cominciò con una piccola falla aperta nella prima linea italiana. Ma in poche ore migliaia di soldati austriaci e tedeschi si erano già gettati nella breccia e cominciavano ad attaccare in profondità. Sulla carta, col senno di poi, non si trattava di un evento tragico. Sarebbe bastato riorganizzare la difesa in profondità, mantenere le truppe in ordine e nelle loro posizioni e il colpo iniziale della giornata sarebbe stato assorbito, come molti altri durante una guerra interminabile
Ma quella non era una giornata come le altre. Le cattive comunicazioni, la disorganizzazione, la scarsa lucidità del comando, il panico creato del nemico che spuntava in profondità, dove i militari non se lo aspettavano, portarono al crollo totale del fronte. Una rotta disordinata, interi reparti che gettavano via le armi e si precipitavano alla fuga, in una disfatta sempre più gigantesca, incontrollabile, tragica. A tratti vergognosa.
La ritirata si sarebbe fermata solo 4 settimane e centinaia di chilometri dopo, sul Piave. Qui l’esercito italiano, dopo un totale cambio al vertice, ritrovo organizzazione, coraggio, determinazione e onore.
La Caporetto del 1995
Nel 1995 si giocavano i mondiali militari. La nazionale militare italiana era una delle rappresentative più temute del mondo e la squadra di ventenni più forte che il nostro paese potesse mettere in campo. Tra i coscritti, inquadrati nei bersaglieri e guidati da Gennaro Olivieri, giocavano Cannavaro, Del Piero, Galante. Stelle della Serie A che avrebbero concluso la loro carriera carichi di coppe e di trofei.
Ma quell’anno i campioni militari furono travolti da uno degli eserciti del calcio meno significativi ed equipaggiati del mondo: quello di Cipro. Una disfatta sanguinosa e tragica, che ha lasciato per sempre una ferita nella memoria dei due campioni rappresentati in foto proprio durante quella disastrosa avventura, che avrebbe visto la vittoria finale della Francia.
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Il Piave di Del Piero e Cannavaro era ancora molto lontano. Sarebbe arrivato col mondiale tedesco del 2006. Ma stavolta senza piuma sul cappello.